Il glorioso passato motoristico sta guardando al futuro per poter resistere ad un presente che lo sta mettendo a dura prova. L’intero settore automotive sta attraversando un’epoca di grandi cambiamenti e, tra nuove tecnologie, propulsione elettrica e guida autonoma, ogni tanto torna a farsi sentire anche il piacevole rombo delle nostre amate storiche. Queste rappresentano un grande mondo di passione (e di indotto economico) ma rischiano di essere travolte dall’imponente “ondata green” che da tempo smuove le coscienze dell’industria, della politica e dell’opinione pubblica.
Possedere un veicolo storico significa conservare una “macchina del tempo” che testimonia le tradizioni sociali, culturali e tecnologiche dell’intera umanità. In questo senso, il patrimonio del motorismo storico italiano non ha pari al mondo e andrebbe sempre più tutelato e protetto, seppur con la consapevolezza e il rispetto delle complesse questioni legate all’ambiente e, in particolare, alle sfide moderne che la mobilità deve affrontare.
Come sostenuto dalla FIVA (Federazione Internazionale dei Veicoli Storici) e dall’ASI (Automotoclub Storico Italiano, l’ente di riferimento nel nostro Paese), la tutela dei veicoli storici inizia con l’evidenziare la netta distinzione che c’è tra loro ed il parco circolante semplicemente “vecchio”. I veicoli storici sono solo quelli in possesso del Certificato di Rilevanza Storica introdotto dallo Stato e rilasciato da enti indicati all’art. 60 del Codice della Strada (Automotoclub Storico Italiano, Federazione Motociclistica Italiana, Registri Storici Fiat, Lancia e Alfa Romeo). In questo senso, come previsto anche dalla Federazione Internazionale, gli unici criteri riconosciuti sono l’anzianità e l’originalità di ogni singolo esemplare. L’originalità è un valore, è la condizione fondamentale che permette di tutelare i veicoli storici con serietà e visione a lungo termine.
Facendo ancora riferimento all’art. 60 del Codice della Strada - che, al comma 4, identifica chiaramente i motoveicoli e gli autoveicoli di interesse storico e collezionistico come “tutti quelli di cui risulti l’iscrizione in uno dei seguenti registri: ASI, Storico Lancia, Italiano Fiat, Italiano Alfa Romeo, Storico FMI” – è altresì chiaro che tutto ciò che riguarda la fiscalità appartiene ad un’altra sfera di interesse: il fatto che lo Stato converta la tassa di proprietà in tassa di circolazione una volta che il veicolo abbia compiuto trent’anni - applicando contestualmente una notevole riduzione dell’imposta - non significa che lo stesso veicolo raggiunga “tout court” lo status di storico.Il pensiero comune, alimentato da un’informazione spesso superficiale e poco attenta ai termini e alle normative, è che “i veicoli non pagano il bollo perché sono storici”. Non è così. I veicoli con più di trent’anni sono sottoposti ad un differente regime fiscale per la loro anzianità, non per la loro storicità. Come già evidenziato, la storicità è data ufficialmente ed esclusivamente dall’iscrizione ai registri indicati all’art. 60 del Codice della Strada. Discorso diverso per i veicoli che hanno tra i 20 ed i 29 anni di anzianità: in questo caso l’eventuale riduzione della pressione fiscale viene attuata per tutelarne la potenziale storicità ed è infatti subordinata alla presenza del Certificato di Rilevanza Storica su ogni singolo esemplare.
Se da una parte è corretto incentivare la rottamazione delle auto vecchie, dall’altra è altrettanto giusto tutelare quelle davvero storiche, che rappresentano una percentuale minima del parco veicolare circolante in Italia e percorrono annualmente poche centinaia di chilometri, quindi pressoché ininfluenti in termini di impatto ambientale. I numeri sono questi: in Italia risultano circolanti 38 milioni di automobili, 7 milioni delle quali hanno più di vent’anni di età; di queste ultime, sono 50.000 quelle certificate e registrate alla Motorizzazione come “storiche”, ovvero lo 0,13% del totale circolante e lo 0,70% del totale ultraventennale.
“Numeri che giustificherebbero e meriterebbero un approccio normativo di tutela a livello nazionale – sottolinea Alberto Scuro, presidente dell’ASI – che, basandosi sul riconoscimento della storicità già regolamentato dal Codice della Strada, possa garantire il futuro di questo straordinario museo viaggiante. Tutelare il motorismo storico implica la salvaguardia dei singoli veicoli, i quali, per loro natura e definizione, necessitano di regolare movimentazione e utilizzo. I Certificati di Rilevanza Storica sono strumenti concreti e funzionali e la loro recente registrazione presso la Motorizzazione fa sì che i nostri veicoli entrino definitivamente nel sistema per una gestione sempre più semplice e mirata.”Rimane il fatto che, sebbene storici, i veicoli con oltre vent’anni di età potrebbero risultare meno adeguati alla mobilità moderna: come si concilia, quindi, il loro utilizzo sulle strade di oggi e di domani?
“I veicoli storici – risponde il presidente dell’ASI - hanno dai vent’anni in su, va da sé che le caratteristiche progettuali e costruttive rispecchino quelle della loro epoca. Ma va detto che la loro funzione attuale è totalmente differente: non sono, e non devono essere, veicoli di uso quotidiano o professionale, vengono utilizzati nel tempo libero, in condizioni ottimali (atmosferiche e di traffico) e con molta prudenza da parte dei collezionisti. Vengono usati raramente, sia per questioni di usura e di conseguente manutenzione, sia per mantenere il più possibile le loro caratteristiche di originalità, che stanno alla base della certificazione di storicità. Caratteristiche pensate per dare un futuro ai mezzi del passato che tutti noi amiamo e conserviamo, senza pensare nemmeno lontanamente di usarli nel traffico di tutti i giorni.”
Un recente riconoscimento ottenuto dal settore in questo senso è la legge regionale del Piemonte entrata in vigore a fine 2020 e dedicata alla “Valorizzazione dei veicoli di interesse storico e collezionistico”: in particolare, esenta i veicoli storici dai blocchi alla circolazione che scattano solitamente nei mesi invernali. È anche il riconoscimento ufficiale dell’incongruenza di mescolare il motorismo storico con il parco di mezzi obsoleti e con le problematiche ambientali. Un provvedimento simile era già stato attuato dal Comune di Milano con la delibera sulla libertà di circolazione dei veicoli storici in città (con particolare riferimento all’Area B) entrata in vigore il 1° giugno 2020. “Stiamo dimostrando di essere guidatori virtuosi – commenta ancora Alberto Scuro – e stiamo dimostrando che l’impatto ambientale dei veicoli storici è pressoché nullo. Inoltre, stiamo dimostrando che il motorismo storico è un volano di valori positivi e di un notevole indotto economico. Insomma, facciamo la nostra parte con estrema serietà e competenza, ricevendo giorno dopo giorno riscontri concreti dalle istituzioni che stanno accogliendo le nostre proposizioni per mantenere vivo un settore che fa parte delle eccellenze italiane riconosciute in tutto il mondo.”
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