Infaticabile mezzo da lavoro: l'Ape Piaggio nato nel 1948. |
Nel 1948, sulle strade d’Italia e d’Europa si vedono sempre
più scooter Vespa: la Piaggio arriva a produrne 19.822, un deciso balzo in
avanti rispetto ai 2.464 scooter costruiti nel 1946, l’anno del lancio.
L’economia italiana si sta rimettendo in moto e con essa l’industria, i
commerci, le attività artigianali. Il trasporto delle merci è affidato a grandi
autocarri di chiara derivazione militare, a costosi veicoli commerciali di tipo
automobilistico o a pesanti e lenti motofurgoni; mentre nelle città si
incrociano soprattutto tricicli a pedali o carretti a mano.
La catena di montaggio a Pontedera. |
Come nel caso di Vespa, dalla osservazione della realtà
quotidiana con le sue esigenze nasce un’intuizione di prodotto di Enrico
Piaggio e Corradino D’Ascanio. E da una costola della Vespa nasce l’Ape,
che inizia a essere commercializzata proprio nel 1948.
Il primo Ape conserva della Vespa — pur nella sua struttura
a tre ruote — tutte le caratteristiche fondamentali, oltre naturalmente alla
parte anteriore e al motore 125 cc che, proprio nel 1948, iniziava ad
equipaggiare lo scooter Piaggio, originariamente presentato nella cilindrata 98
cc.
Raccontava D’Ascanio, il geniale progettista aeronautico
inventore sia della Vespa, sia dell’Ape: “Si trattava di colmare una lacuna nei
mezzi di locomozione utilitaria del dopoguerra, portando sul mercato un
motofurgone di piccola cilindrata, di limitato consumo e di modesto prezzo di
acquisto e di manutenzione, facile alla guida, manovrabile nel più intenso
traffico cittadino, e soprattutto adatto e sollecito e pronto al trasporto a
domicilio della merce acquistata nei negozi”.
I primi e diretti beneficiari, in questa fase, sono i
piccoli e medi commercianti e la promozione del motofurgone a tre ruote si
rivolge proprio a loro: “L’Ape contribuisce ad accelerare il ritmo del
commercio e delle vendite, sviluppa, per così dire, in estensione il traffico
di un negozio e crea col cliente un collegamento quanto mai gradito”. Il
risultato di questa brillante intuizione è eclatante. Sciami di Ape iniziano a
scorrazzare in un’Italia “in bianco e nero” portando sul cassone la scritta —
in bella grafia — della ditta servita.
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